Le tartarughe marine nel Mar Tirreno Settentrionale

Il Mar Tirreno Settentrionale, compreso tra le coste d' Italia e Corsica tra i 43°N e i 42°N, rappresenta un’importante area di foraggiamento e svernamento della specie Caretta caretta, che si nutre di organismi bentonici, sfrutta le ricche aree di upwelling e trova rifugio nelle praterie di Posidonia oceanica lungo la costa.

Infatti, grazie alla circolazione delle acque determinata da vortici stagionali ciclonici e anticiclonici originati dal vento e caratterizzati dalla presenza di acqua fredda al loro interno, in inverno si stabilisce una connessione diretta tra il Mar Ligure ed il Mar Tirreno attraverso il canale di Corsica che provoca il mescolamento delle acque di origine atlantica (MAW) con le acque levantine (LIW) sottostanti, modificando le proprietà fisiche e chimiche delle acque.

Ciò determina l’aumento della concentrazione di popolazioni di importanti specie bentoniche come il nasello europeo (Merluccius merluccius), la triglia rossa (Mullus surmuletus), il polpo (Octopus vulgaris), il gamberetto rosa oceanico (Pandalus borealis), l’aragosta norvegese (Nephrops norvegicus) etc. I popolamenti bentonici delle isole dell’Arcipelago Toscano inoltre mostrano un’elevata eterogeneità.

Inoltre le praterie di fanerogame marine (soprattutto Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa) sono particolarmente rigogliose, soprattutto lungo le coste delle isole dell’Arcipelago Toscano, e la temperatura superficiale media nei mesi invernali è di circa 14°C mentre in profondità non scende mai al di sotto dei 12°C.

L’attività dei centri recupero tartarughe marine in quest’area viene svolta fin dai primi anni ’90. Dai dati raccolti in questo ventennio è risultato che circa il 72% degli esemplari che viene recuperato non è sessualmente maturo (giovani e sub-adulti) e quindi non ancora riproduttivo.

Il motivo principale per cui gli esemplari vengono soccorsi risulta essere la cattura accidentale con pesca a strascico: più del 70% degli animali è vittima di by-catch, mentre il restante 30% viene recuperato per spiaggiamento, collisione con natanti o per intrappolamento in altre tipologie di attrezzi da pesca (reti fisse o palangari).

Durante il periodo di riabilitazione inoltre è frequente che le tartarughe mostrino segni di contaminazione da materiale plastico, che viene espulso solitamente in maniera naturale attraverso le feci.

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