Lunedì, 02 Gennaio 2023 11:57

Archelon - Plastic Sea

Plastic-sea: un mare pieno di plastica

 Siamo diventati una forza della natura capace di influenzare la storia evolutiva del pianeta, come sosteneva Crutzen? Fu proprio questo scienziato, premio Nobel per la chimica nel 1995, a lasciarsi sfuggire per primo il termine Antropocene durante una pacata discussione fra colleghi. Ciò accadde nel febbraio del 2000 durante un convegno in Messico.

Gli scienziati presenti stavano discutendo degli impatti sull'ambiente causati dall'umanità nel corso dell’Olocene (l'epoca geologica dal clima mite e stabile cominciata al termine dell'ultima glaciazione, durante la quale le attività umane hanno esercitato un impatto sempre più profondo sul paesaggio e sugli ecosistemi), quando il chimico olandese si intromise nella discussione ed esclamò, zittendo i presenti: "Basta parlare di Olocene, ormai siamo nell'Antropocene!"

Per sostenere formalmente una teoria del genere sarebbe sufficiente che le alterazioni causate dalle attività umane siano ancora riconoscibili nella stratigrafia della Terra tra milioni di anni. E questo è purtroppo verosimile.

In realtà, forse, abbiamo già lasciato più di un'impronta indelebile nella geologia del Pianeta. Un primo marcatore dell'Antropocene potrebbe essere proprio la PLASTICA, una classe di materiali artificiali in grado di restare molto a lungo nell'ambiente.

 

La plastica

Chi al giorno d’oggi non fa uso di plastica? In un certo modo, pur volendo, risulta molto difficile riuscire a comprare qualcosa senza comprare anche della plastica. Scoperta nel 1907, dal secondo dopoguerra in poi, l’utilizzo della plastica è diventato sempre più di forte; economica, resistente e versatile, ha trovato facile applicazione in diversi campi, a partire dai mezzi di trasporto ad arrivare ai vestiti e, addirittura, ai cosmetici.

  1. Le confezioni in plastica vengono utilizzate anche quando superflue

Ad oggi, purtroppo, l’uso di questo materiale è diventato smodato. Basti pensare anche alla semplice vita di tutti i giorni: un caffè alle macchinette, un pasto pronto comprato al bar o al supermercato, uno snack mangiato a merenda. Questi sono solo alcuni degli esempi più comuni che ogni giorno ci si propongono. Ma, mentre questi usi sono ancora comprensibili ma non giustificabili, non sono comprensibili quei casi che capita di vedere a volte sul web, stiamo parlando della frutta monoporzione, in cui kiwi e frutta sono imballati singolarmente nella pellicola, o di quegli eventi pubblici in cui vengono rilasciati palloncini in aria. Ma dove finiscono poi questi palloncini? Come la maggior parte della plastica, in mare.

 

Un mare di plastica

Il 98% della plastica che finisce in mare, infatti, proviene dalle attività svolte sulla terraferma. La maggior parte di queste viene introdotta in maniera involontaria, tramite smaltimenti scorretti dei rifiuti; questi poi, attraverso processi di degradazione, si sgretolano in particelle più piccole, le microplastiche (sono così definiti i frammenti con dimensioni al di sotto dei 5mm), che prendono il nome di microplastiche secondarie.

  1. Da plastica a microplastica

In altri casi, invece, l’introduzione delle microplastiche è del tutto volontaria: queste vengono aggiunte soprattutto nei prodotti di cosmesi, come ad esempio gli scrubs esfolianti, e vengono definite microplastiche primarie. Essendo questi prodotti per la cura personale, per la maggior parte vengono dilavati all’interno di scarichi di lavandini, finendo direttamente nei nostri mari!

Per via dell’introduzione così massiccia di plastica all’interno dei nostri oceani, si parla di zuppa di plastica, quando si pensa all’accumulo di questa sostanza in particolari zone degli oceani, e di Plasticene, termine con cui è stata definita quest’ultima parte dell’Antropocene, che ha avuto inizio a metà del Novecento con l’aumento dell’inquinamento e del consumo di plastica.Infatti, in meno di un secolo abbiamo fabbricato oltre 10 miliardi di tonnellate di plastica e quella che si accumula sui fondali oceanici appare destinata a formare uno strato ben riconoscibile.Tale consumo è destinato ad aumentare, tant’è che è stato previsto che nel 2040 la quantità di plastica nei mari supererà in massa quella degli organismi che li popolano!

 

A plastic fish in a plastic world

A proposito di questi organismi, la prospettiva di essere superati in massa dalle plastiche non è l’unico pericolo a cui sono esposti; infatti, sia macro che microplastiche rappresentano un rischio per la loro sopravvivenza. Solitamente la plastica di grandi dimensioni, se ingerita, può causare soffocamento, occlusione dello stomaco o problemi di malnutrizione perché alterano il funzionamento del tratto intestinale. Inoltre, possono essere causa di deformazioni fisiche: quella che vedete nella foto seguente è una tartaruga marina (Eretmochelysimbricata) recuperata recentemente da Fundaciòn Tortugas del Mar, il cui carapace ha subito una deformazione per via della compressione esercitata dalla fascia di materiale plastico.

 

  1. Eretmochelys imbricata con deformazione. Foto di Fundaciòn Tortugas del Mar e Caretta Calabria Conservation

Per quanto riguarda le microplastiche, invece, esse possono essere facilmente ingerite, rimanere all’interno dell’individuo e, nel caso di organismi femminili, essere trasmesso anche alle uova che dovranno essere fecondate (questo, purtroppo, è stato riscontrato anche nella placenta umana).

La plastica, inoltre, può essere veicolo di altre sostanze inquinanti, che possono comportarsi da interferenti endocrini (ovvero possono essere scambiati per alcuni ormoni che regolano il funzionamento del corpo) e causare tutta una serie di altri problemi.

  

Cosa possiamo fare?

Ora magari, quando andremo al supermercato, faremo un po’ più attenzione al fatto se la confezione del pacco di pasta è in plastica o di carta e preferiremo comprare la frutta e la verdura sfusa, piuttosto che quella già confezionata. E già solo questo sarebbe un bel passo avanti! Ma non basta. Le azioni che si possono fare per ridurre il consumo di plastica sono diverse e qui di seguito ve ne elenchiamo alcune!

Guardandoti in casa probabilmente avrai già notato diversi contenitori in plastica, soprattutto nel bagno: shampoo, bagnoschiuma, dentifricio, spazzolino, cottonfioc e tanto altro! Sul mercato, soprattutto quello online, è facile trovare prodotti naturali (quindi senza microplastiche aggiunte) e anche senza imballaggi in plastica (come shampoo, bagnoschiuma e sapone solidi), o ancora, prodotti fatti con materiali alternativi, come spazzolini o cottonfioc in bambù! Per cui una buona pratica sarebbe quella di scegliere tali prodotti piuttosto a quelli “tradizionali”.

Un’altra buona pratica sarebbe quella di ridurre il consumo di bottiglie di plastica. L’Italia, infatti, rappresenta il primo Paese nell’Unione Europea e il secondo nel mondo, a consumare il maggior numero di bottiglie in plastica, quando rappresenta uno dei primi Paesi con l’acqua potabile migliore. Ma se passare all’acqua potabile al momento non ti entusiasma più di tanto, già solo passare all’uso di borracce anziché comprare bottigliette è un grande passo!

Partecipa agli eventi di clean up! Partecipare a questi eventi ti darà davvero la dimensione di cosa finisce in mare o nell’ambiente in generale. Ti permetterà di fare nuove conoscenze e di constatare che non sei da solo in questa lotta.

Infine, ma non meno importante, elimina o almeno riduci il consumo di plastica monouso: molta della plastica che si usa ha una vita molto breve, basti pensare alle cannucce! Ad oggi, se proprio si vogliono usare stoviglie monouso, esistono fatte di cellulosa, che permettono una scelta molto più ecosostenibile.

 

  1. Eventi di clean up per rimuovere i rifiuti dall'ambiente

Per cui, come vedi, sono tante le azioni tramite cui anche tu, nel tuo piccolo, puoi aiutare! E non dimenticare, che l’azione migliore di tutte da poter fare è comunicare e condividere con gli altri queste informazioni!

 

 

 

Sitografia: