Martedì, 22 Febbraio 2022 19:02

Reti Fantasma - Una Lotta Per La Vita: Intervista ad Andrea e Marco Spinelli

Ph: Andrea e Marco Spinelli

Andrea e Marco Spinelli sono due fratelli siciliani amanti del mare. Questa passione è stata trasmessa loro dal padre, quando già da piccoli li portava in giro sul gommone alla scoperta del mondo sommerso. Una passione che ha portato poi Andrea a proseguire gli studi per diventare biologo marino, mentre Marco si è ritrovato sott’acqua con una videocamera in mano, facendo così coesistere il mare con l’altra sua passione.

Quando nel 2020 Andrea e Marco si sono immersi nelle limpide acque di Cefalù, mai avrebbero pensato di ritrovarsi dinnanzi un ecosistema danneggiato. Da cosa? Dalle reti fantasma, ovvero reti da pesca che vengono perse in mare arrecando gravi danni agli habitat ed organismi marini (ne abbiamo parlato qui). Da quel momento per i due fratelli siciliani è stato chiaro cosa fare: ripulire il mare, partendo proprio da quello sotto casa! Così è nata Missione Euridice.

Incuriosite ed affascinate da tale progetto abbiamo deciso di intervistare Marco, videomaker e realizzatore del documentario  Reti Fantasma.

 

Ciao Marco. Abbiamo visto il tuo documentario e dobbiamo ammettere che ci ha colpite molto, però ci chiedevamo come mai hai voluto parlare proprio di questa tematica?

Allora, quando abbiamo iniziato a girare i primi video, è scaturita in noi la necessità e la voglia di parlare di un problema molto importante e poco conosciuto. Da quando io e mio fratello abbiamo unito le nostre strade, cerchiamo sempre di raccontare ed informare, in maniera semplice, le persone su argomenti scientifici che spesso possono risultare pesanti o difficili, invitando anche ad agire. La cosa che mi spaventa di più, infatti, è la disinformazione. Si parla tanto di cambiamenti climatici o inquinamento, ma da fuori, ed è per questo che a me piace raccontare del Mar Mediterraneo, che è uno dei mari più sfruttati al mondo. In pochi, infatti, conoscono il nostro mare e quello che ci circonda. Prendiamo ad esempio le reti fantasma, spesso le persone credono che sia un problema che colpisce mari tropicali, lontani, quando invece è proprio qui, a casa nostra.

 

E’ assolutamente vero. Noi di Impronta Animale, in primis, abbiamo scoperto le reti fantasma solo studiandole. Quindi, prima di iniziare questo progetto, tu eri già a conoscenza di questo problema?

In realtà no. Mi è capitato di vedere plastica, rifiuti o qualche rete durante le mie immersioni, ma quando io e mio fratello ci siamo immersi in questa secca lontana dagli spazi turistici è stato diverso. Questa cala di 25-30 m di profondità è costituita da grandi scogli ricchi di biodiversità, si possono trovare anche molti pesci dato che è uno dei pochi siti in cui riescono maggiormente a riprodursi. Ma quando ci siamo immersi quella volta, questi scogli erano completamente ricoperti dalle reti. Vederlo è stato davvero di impatto! Poche aree erano ancora intatte, in cui si potevano osservare, ad esempio, delle stupende gorgonie gigantesche. Il resto era massacrato e soffocato dalle reti, sotto le quali abbiamo anche trovato diversi pesci morti, gorgonie ancora vive ma sofferenti, che abbiamo subito liberato. Purtroppo, i pescatori che svolgono la pesca a strascico in questo luogo possono facilmente perdere le reti se le condizioni meteorologiche sono sfavorevoli, e quelle poi non vengono più recuperate.

 

Cosa avete fatto, quindi, quando vi siete ritrovati davanti tale scenario?

Abbiamo subito documentato, facendo prima un video per sensibilizzare e poi abbiamo agito in maniera diretta per liberare la secca da tutte quelle reti. Abbiamo messo in atto una raccolta fondi, con l’obiettivo di poter realizzare un documentario, rimuovere e smaltire le reti, ma soprattutto svolgere una vera e propria ricerca scientifica (censimento ittico, analisi delle microplastiche, analisi dei sedimenti, ecc.) per capire l’impatto che hanno avuto quelle reti su quel determinato ecosistema. La raccolta fondi ha permesso a più di settecento persone di donare e quindi di aiutarci.Questa è la dimostrazione che con pochissimo si può fare tanto. Il nostro obiettivo ora è quello di tornare lì questa estate per vedere se la zona ha avuto una possibilità di ripristino o meno.

 

Così da quella immersione e da quelle prime riprese è nata Missione Euridice. La parte pratica di questo vostro progetto come si è svolta?

Durante la prima settimana abbiamo soprattutto portato avanti la parte di analisi della ricerca scientifica e poi, da un punto di vista tecnico, abbiamo cercato di capire come muoverci sott’acqua. E’ stato difficoltoso, perché comunque lavorare con le reti a quella profondità non è semplice. Puoi rimanere incastrato con l’attrezzatura nelle reti, bisogna capire dove tagliare e se tagliare e poi appena toccavi le reti si alzava subito tantissima sabbia. La seconda settimana è stata, invece, quella effettiva della rimozione e del recupero in superficie. Quindi le reti venivano raccolte in sacchi. Poi, l’ultimo giorno, abbiamo portato in superficie questi 8 sacchi, più o meno di una tonnellata, e questi sono stati raccolti dalla Guardia Costiera con l’aiuto di alcuni pescherecci. Al porto è stata infine chiamata una ditta per lo smaltimento.

                                               

Il nome di questo progetto è molto interessante, poetico. Come mai Missione Euridice si chiama così?

Ha questo nome proprio per dare un po’ di poesia a ciò che abbiamo visto, unendo la visione artistica a quella scientifica. Il nome si rifà al mito greco di Orfeo. Euridice era l’amata di Orfeo, ma un giorno viene rapita da Ade e portata negli Inferi. Orfeo per riportarla in vita, entra nel regno dei morti. Quindi la nostra metafora è appunto quella di scendere nel regno dei morti (perché quel posto era diventato davvero questo), per affrontare la morte stessa creata dalle reti e riportare la vita.

 

Altro tocco artistico, che ci è davvero piaciuto, è stato quello di dare voce al mare. In questo modo l’emozione che ci ha trasmesso il documentario, Reti Fantasma, è stata molto più intensa. Rendere il mare una entità senziente, pensante, vulnerabile, colpisce l’animo nel profondo. Questa scelta ha dato colore a tutto il documentario. Soprattutto poi se la voce in questione è di Roberto Pedicini, famoso doppiatore italiano che ha anche vinto il premio ai Nastri d’argento per i film The Truman Show e Celebrity. Detto questo, concludiamo chiedendoti: cosa possono fare le persone e, infine, come possono i pescatori ridurre tale impatto?

Prima di tutto, secondo me, è necessario parlare maggiormente nelle scuole delle problematiche ambientali. Quando andavo a scuola io, mai nessuno ha mai detto qualcosa a riguardo; eppure già negli anni ’70-’80 nel mondo c’era chi se ne occupava, come ad esempio Jacques Cousteau nei suoi documentari.  Una cosa che invece potremmo fare noi che viviamo in questa epoca dominata dai socialè usare questi potentissimi mezzi per dare maggiore spazio e visibilità a quei profili che cercano di dare informazioni, fare divulgazione su qualsiasi tematica. Secondo me questa è la strada del futuro!

Per quanto riguarda i pescatori, purtroppo ci sono tante dinamiche in mezzo da dover tenere in considerazione. Certo, creare sensibilizzazione e consapevolezza nei pescatori sulle reti fantasma è molto importante. Ovviamente, come in tutti i settori, ci sarà sempre chi farà finta di niente o girerà la faccia dall’altra parte. Ma per i pescatori che invece vogliono fare qualcosa la strada non è facile, ci sono miliardi di problemi. Ad esempio, quando i pescatori trovano la plastica in mare e la tirano su con le reti, per poterla sbarcare al porto dovrebbero pagare. Un altro esempio è che a Cefalù i pescatori hanno chiesto al Comune di mettere dei container per la plastica, così da poterla scaricare una volta tornati al porto, ma questi container non sono stati ancora messi. Purtroppo, ci sono mille e più cose sbagliate! Io credo che ognuno di noi nel proprio piccolo può fare qualcosa, le strade ci sono, anche solo partendo dai programmi televisivi che potrebbero essere più divulgativi. Infine, bisognerebbe non solo parlare dei problemi, ma soprattutto delle soluzioni, che ce ne sono davvero tante; come fa David Attenborough nel suo ultimo documentario.

La cosa fondamentale per me è quindi informarsi ed informare le persone, che magari spesso non sanno ciò che accade dietro l’angolo.

 

Con queste ultime parole davvero molto importanti, la nostra intervista si è conclusa lasciando spazio alla speranza, luce in un futuro sempre più nero dal punto di vista ambientalistico.

Noi di Impronta Animale e tartAmare cercheremo nel nostro piccolo di seguire il consiglio di Marco, continuando a fare divulgazione.

In bocca al lupo ragazzi, continuate a dare voce al Mediterraneo!

 

Potete seguire Andrea e Marco sui loro profili instagram

https://www.instagram.com/ciaomichiamospinelli/

https://www.instagram.com/andreaspinellidiver/

e potete vedere qui sotto il meraviglioso documentario "Reti Fantasma"