Venerdì, 20 Maggio 2022 06:56

Archelon - La Mitilicoltura

La mitilicoltura

Avete mai sentito parlare di molluschicoltura? È l’allevamento di molluschi bivalvi e si divide in diversi tipi in base all’organismo allevato. È un tipo di allevamento estensivo: l’intervento umano è ridotto al minimo e gli organismi si nutrono del cibo presente nell’ambiente. La molluschicoltura rappresenta la principale fonte di produzione dell’acquacoltura nazionale e, a livello europeo, l’Italia è uno dei maggiori produttori di molluschi bivalvi, insieme alla Spagna e alla Francia. Come detto prima, ne esistono di diversi tipi e, in particolare, la mitilicoltura è uno di questi, ovvero l’allevamento dei mitili (Mytilus galloprovincialis), chiamati comunemente muscoli o cozze.

 

La mitilicoltura in Italia.

Secondo alcuni studi, le origini degli allevamenti di mitili nella nostra penisola risalgono all’epoca pre-romana. Fino all’Ottocento la mitilicoltura era sviluppata a Taranto e a La Spezia ed i mitili erano consumati nelle Puglie e a Napoli, mentre erano quasi sconosciuti nell’Italia centrale e settentrionale ad eccezione di Venezia e Livorno. La produzione di Taranto era molto rilevante e i mitilicoltori erano detti cozzari. La mitilicoltura si è poi diffusa in tutta Italia e, ad oggi, vengono coltivate soprattutto in Emilia Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Puglia, mentre  minori produzioni si trovano nelle Marche, Sardegna e Campania. Nel 2013 sono state prodotte 64.235 tonnellate, circa il 72% della produzione nazionale di molluschi  (FAO, 2015).

 

Figura 1 la molluschicoltura in Italia (https://www.isprambiente.gov.it/files2018/eventi/cadeau/Giovanardi_ISPRA_MolluschicolturainItalia.pdf)

 

Come avviene:

La mitilicoltura nel nostro Paese è esercitata principalmente attraverso tre sistemi:

  • su fondale, usato in ambiente lagunare del delta padano. I prodotti sotto taglia vengono raccolti in natura e poi spostati in zone predisposte, dove vengono lasciati crescere fino al raggiungimento della taglia minima commerciale (50 mm). Per la raccolta si usano attrezzi al traino a bocca rigida;
  • pali fissi, sistema diffuso in zone lagunari o costiere riparate. Una serie di pali, un tempo di legno di castagno ed ora di cemento o metallo, vengono fissati e collegati tra loro da cavi, a cui vengono appese le calze. Queste ultime sono reti tubolari, solitamente di materiale plastico, dentro cui vengono disposti i mitili (l'insieme della struttura e dei mitili è detto resta);

Figura 2 Sistema fisso, da https://www.isprambiente.gov.it/files2018/eventi/cadeau/Giovanardi_ISPRA_MolluschicolturainItalia.pdf

  • filari galleggianti o long-line, che è il sistema più recente. E’ composto da due corpi morti di ancoraggio, posti a un distanza variabile da 100 a 200 metri, e collegati tra loro da uno o più cavi, mantenuti in sospensione da galleggianti. In base al numero dei cavi in sospensione ci sono: long-line monoventia, ovvero uno; long-line bi/triventia o “triestino”, con due o tre cavi. 

Figura 3 Sistema longline http://www.hydracoop.it/progetti/progettomiami

La lunghezza delle calze va da un minimo di 1 metro, per gli impianti di tipo fisso, ad un massimo di 15 metri, per impianti flottanti. La maggior parte sono tra i 2 ed i 6 metri di lunghezza, utilizzate nell’80% degli impianti. Un importante fattore che determina la lunghezza delle calze è la profondità della zona di impianto.

 

Quali problematiche comporta?

La mitilicoltura non è priva di impatto, soprattutto sui fondali (come ad esempio deposizioni, decremento della biodiversità bentonica, possibili anossie locali), anche se non crea danni permanenti. La problematica maggiore, però, è legata al materiale stesso che costituisce le calze in cui vengono incalzati i mitili, il quale è quasi sempre il nylon. Secondo Legambiente, infatti, l’80% dei rifiuti “pescati” in sei mesi è rappresentato dalle calze di materiale plastico. Inoltre le calze rientrano tra i maggiori rifiuti che si trovano sulle spiagge, soprattutto nelle vicinanze di impianti di mitilicoltura. I dati dell’indagine Beach Litter di Legambiente riportano che nel 2017 sono state rinvenute 4470 calze, presenti in 27 delle 60 spiagge percorse dai volontari dell’associazione. Le spiagge più colpite risultarono essere quelle dell’Adriatico. Questo accade perché una delle fasi più delicate della lavorazione è il cosiddetto “reincalzo”:  quando i molluschi vengono separati per dimensione, nuovamente incalzati e sospesi in acqua. Durante tale fase infatti i retini possono finire accidentalmente in mare. Questa problematica è aggravata dal fatto che in Italia, purtroppo, non vi è alcun controllo o regolamentazione nella gestione delle calze da mitilicoltura. Ma cosa si può fare a riguardo? Vediamolo subito.

 

Soluzioni.

Proprio per i motivi sopra elencati, una delle soluzioni che si sta cercando di portare avanti è la sostituzione delle calze di plastica con altre in materiale biodegradabile. La Contea di Zara nel progetto DORY ha cercato di ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti, utilizzando materiali biodegradabili ed ecologici. Fondamentale per questo progetto pilota è stato adottare il cosiddetto metodo “neozelandese”, come aveva fatto precedentemente la Regione Veneto durante il progetto EcoSea. Tale metodo prevede l’allevamento dei mitili su una corda continua, chiamata “agugliato”, posizionata lungo il filare con andamento serpentino. Nonostante il metodo “neozeandese” abbia mostrato buoni risultati, soprattutto nelle fasi iniziali, ci sono state alcune problematiche. Una di queste è stata la velocità con cui le calze si biodegradavano, non permettendo l’attaccamento dei mitili.

Figura 4 Sistema neozelandese https://www.regione.marche.it/portals/0/Agricoltura/Pesca/Progetti%20Europei/Dory/DORY_PUBBLICAZIONE_FINALE_IT_.pdf

Un altro progetto, iniziato nel 2021, è il Life MUssel Sustainable production (re)cyCLES (LIFE Muscles) o LIFEMuscles, che mira soprattutto alla riduzione della dispersione delle calze in polipropilene (PP), al loro recupero e riciclaggio (quest’ultimo è un processo già sviluppato nel 2019 da ENEA e Ama, in collaborazione con Legambiente). Il LIFE Muscles è un progetto portato avanti da Legambiente e altri 8 partners che operano nelle aree di La Spezia e del Nord del Gargano. Per il Mar piccolo di Taranto, invece, è stato presentato il progetto MIAMI, finalizzato a sperimentare soluzioni innovative per la sostenibilità. Durante tale progetto la maglia della calza sarà dimensionata in base alle fasi di accrescimento dei molluschi presenti all’interno.

 

 

 

 

 

Sitografia: